Gianfranco Baruchello. L’ars combinatoria e l’eredità dell’artista

di:
Barbara Martusciello

Sperimentatore extramediale, Gianfranco Baruchello (Livorno, 24 agosto 1924 – Roma, 14 gennaio 2023) si è mosso artisticamente alla fine degli anni Cinquanta, arricchito da rapporti intellettuali e di amicizia con personalità stimolanti come Robert Matta, Jean-François Lyotard, Alain Jouffroy, John Cage, Italo Calvino, Pierre Restany (che lo invita nell’ormai mitica mostra del 1962 New Realists alla Sidney Janis Gallery di NewYork) e in sinergia con il pensiero sempre innovativo di Marcel Duchamp, conosciuto personalmente nel 1962 e che diventa per lui una sorta di mentore.

Partecipe di quella rivoluzione artistica in atto a Roma negli anni Sessanta (nel 1963 tiene una personale alla Galleria di Plinio De Martiis, La Tartaruga), contribuì in modo autonomo e originale a quella eliminazione dell’io dal quadro (cit. R. Mambor) che superò l’Espressionismo Astratto per orientarsi verso nuove forme visuali lontane da pulsioni emotive.
Baruchello ha rimodulato e analizzato il mezzo pittorico, praticando la contaminazione linguistica, esprimendosi attraverso modalità di accostamento, l’assemblaggio, l’appropriazione, la scrittura, pittura, scultura, il disegno, la fotografia, il collage, le azioni, gli esperimenti elettronici, il videotape e i codici filmici, il libro d’Artista, l’installazione, i tanti progetti ambientali (si vedano, anche, la pionieristica esperienza dell’Agricola Cornelia S.p.A., nelle campagne vicino Roma, e datata 1973-1981; e il Progetto olistico-artistico Kanak) e portando nell’arte riflessioni sul rapporto tra sensibilità personale e immaginazione radicale nonchè indagini e mescolamenti afferenti all’agricoltura, alla zootecnia, all’antropologia, alla filosofia, all’economia, alla sociologia, alla politica, con un’analisi critica sulla società dei consumi e la verticalità del potere.

Massimo De Carlo, nel suo ricordo inviato per ricordare l’artista, scrive che Baruchello mostrava:

“…la capacità unica e vitale di combinare il poetico e il filosofico, l’alto e il basso, la strada e la biblioteca, l’industriale e l’intellettuale. (…). Dalla letteratura e dalla filosofia alla scienza e alla tecnologia, la sua capacità di trarre ispirazione da una gamma incredibilmente ampia di fonti, lo ha spinto a creare un’arte che fosse sia personale che universale.”.

Molto vicino ai giovani artisti anche con la sua Fondazione (Roma), con l’inseparabile Carla Subrizi (sua moglie e Presidente della struttura), aveva grande considerazione per le generazioni che avrebbero costruito il futuro: per ciò le riuniva spesso, organizzando e facilitando incontri, laboratori, residenze, mostre etc. sempre con una posizione da “antimaestro” (cit. M. De Carlo).

A proposito del suo lavoro, lui stesso diceva:

“Non sono mai stimolato da immagini, sono stimolato da parole e da idee”.

Più in generale, la sua visione dell’arte e della cultura ma, direi, della vita, si riassume così, attraverso le sue parole:

“È da bandire la frase «Cosa c’entra questo con quello?» perché (…) ogni cosa c’entra con ogni cosa.”.

Dovremmo far tutti tesoro di questa capacità di mettere in relazione ciò che esiste senza alzare steccati e liberando lo sguardo e il pensiero dai catenacci del preconcetto e dell’omologazione. Forse è anche questa una delle eredità che Gianfranco Baruchello ci lascia per farla germogliare… coltivando – come usava dire – le idee.

fonte: www.artapartofculture.net/2023/01/15/gianfranco-baruchello-lars-combinatoria-e-leredita-dellartista/